Da Venerdì 4 Novembre, il nuovo film di Cristina Comencini (Va’ dove ti porta il cuore, Il più bel giorno della mia vita, La bestia nel cuore, Bianco e nero) interpretato da Filippo Timi e Claudia Pandolfi
Un film di Cristina Comencini. Con Claudia Pandolfi, Filippo Timi, Thomas Trabacchi, Denis Fasolo, Michela Cescon, Manuela Mandracchia, Franco Trevisi. Drammatico,durata 114 min. – Italia 2011.
Trama: Tra le montagne un uomo e una donna s’incontrano. Manfred è una guida, chiusa e sprezzante, abbandonato da moglie e figli; Marina una giovane madre in vacanza col suo bambino. Una notte qualcosa succede nell’appartamento di lei e Manfred interviene, portando il bambino ferito in ospedale. Da quel momento l’uomo si metterà sulle tracce di una verità inconfessabile che Marina ha nascosto a tutti, anche al marito, mentre lei intuirà il segreto familiare all’origine dell’odio di Manfred verso tutte le donne. Con una rabbia e un desiderio mai provati prima, i due scopriranno la radice di un legame potente che non riusciranno a controllare né a vivere. Quindici anni dopo quella vacanza, Marina, d’inverno, tornerà al rifugio a cercare Manfred.
Nota di regia: Il nodo del racconto è la maternità, ma non la maternità come un affare solo delle donne, ma come qualcosa che interessa profondamente l’uomo e che mette in contatto – nelle differenze e nella profondità della diversità – l’uomo con la donna. In questo caso non si tratta di un marito ed una moglie, si tratta di un uomo ed una donna che sono molto diversi, che vengono da esperienze e storie totalmente differenti e che si incontrano solo due volte; ma che sono essenziali l’uno all’altra. Lei per la prima volta ha il coraggio di dire che la maternità, l’essere madre, è una cosa che mette fuori la donna, non un’idealizzazione, non una Madonna. Questa donna è molto giovane, è una madre normale, è sola perché porta il bambino – che non dorme, che è nervoso – in un posto salubre. E’ sola con un bambino di due anni che non parla. Ma è una solitudine che era già in lei quand’era in città con la madre, con le sorelle e con la famiglia, perché la maternità pone l’essere umano donna in una situazione di solitudine. Incontra un uomo che ha un pessimo rapporto con le donne e proprio per questo si mette, dalla notte dell’incidente, sulle tracce della verità che lei non osa dire a nessuno, meno che mai al marito. E dunque in qualche modo c’è un cerchio che il romanzo tenta di narrare – ma non di chiudere perché la cosa bella delle storie è quando regalano ad ognuno di noi delle suggestioni, delle verità, delle emozioni che poi ognuno mette e ritrova nella propria vita come vuole – e che unisce l’essere madre di un bambino all’essere madre di un uomo. Unisce la procreazione e la mette al centro del rapporto fra un uomo ed una donna. Dice che la madre idealizzata crea nell’uomo una totale mancanza di conoscenza della donna e intorno a questi temi che non vuole chiudere, la storia non vuole spiegarli ma solo raccontarli, c’è il fulcro della storia; una storia che gira intorno ad un tabù: la madre è un tabù. Il libro ed il film cercano di incrinare questo tabù. di dare la possibilità di entrare in contatto con qualcosa di molto umano, di molto imperfetto, che non è un istinto, è un lavoro culturale che le donne fanno sacrificando parte della propria vita e l’uomo lo deve vedere. E nel film lui lo vede.
In concorso al Festival di Venezia 2001. Il film è tratto dall’omonimo libro scritto dalla regista Cristina Comencini (“Quando la notte”, edito da Feltrinelli, collana I Narratori, 2009)
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