Vincitore della Palma d’Oro all’ultimo Festival di Cannes, THE SQUARE ha sorpreso pubblico e critica con un mix irresistibile di ironia e provocazione, analisi sociale e umorismo “scorretto”, soprattutto sul mondo dell’arte contemporanea, consacrando Ruben Östlund (Forza Maggiore) come uno dei più originali cineasti di oggi. Scritto e diretto da Ruben Östlund e interpretato da Claes Bang, Elisabeth Moss e Dominic West.
Titolo originale The Square. Durata 145 min. Svezia/Germania/Francia/Danimarca 2017
⇰ venerdì 10 novembre ore 21:00
⇰ sabato 11 novembre ore 21:00
⇰ domenica 12 novembre ore 18:00 e 21:00
⇰ lunedì 13 novembre ore 21:00
⇰ martedì 14 novembre ore 21:00 (in versione inglese con sottotitoli italiani)
Protagonista del film è Christian, curatore di un importante museo di arte contemporanea di Stoccolma, nonché padre amorevole di due bambine. Nel museo c’è grande fermento per il debutto di un’installazione chiamata “The Square”, che invita all’altruismo e alla condivisione, ma quando gli viene rubato il cellulare per strada, Christian reagisce in modo scomposto, innescando una serie di eventi che precipitano la sua vita rispettabile nel caos più completo.
Nel 2008 è stata creata per la prima volta in Svezia un’area residenziale privata e chiusa all’esterno, a cui solo i proprietari possono accedere. È solo uno dei molti segni del fatto che le società europee stanno diventando sempre più individualistiche, via via che il debito pubblico cresce, la spesa sociale diminuisce e le differenze tra ricchi e poveri si allargano sempre di più. Anche in Svezia, un tempo considerata la società più egualitaria al mondo, la crescente disoccupazione e la paura del futuro hanno spinto le persone a diffidare degli altri e della società stessa.
Durante le ricerche fatte per il mio film PLAY, in cui raccontavo di bambini che rapinano altri bambini, mi sono imbattuto più volte nell’incapacità generale di offrire aiuto in uno spazio pubblico. Le vere rapine che hanno ispirato il film hanno avuto luogo di giorno in una città tranquilla come Göteborg, nei centri commerciali, sul tram, nelle piazze e gli adulti non hanno nemmeno reagito, malgrado molti di questi eventi accadessero proprio vicino a loro. Questa forma di inibizione della possibilità di aiutare il prossimo quando sono presenti anche altre persone, viene chiamato dagli psicologi e sociologi “effetto spettatore” (bystander effect): la probabilità che qualcuno presti il suo aiuto è inversamente proporzionale al numero di persone presenti, a causa del meccanismo della “diffusione di responsabilità” (diffusion of responsibility) che in molti casi prevale nei grandi gruppi. Ruben Östlund
Per la rassegna “Il Cinema Ritrovato“, ci sarà il film più famoso della storia e uno dei meno visti, LA CORAZZATA DI POTËMKIN di Sergej Ejzenštejn.
Sceneggiatura: Nina AgadžanovaŠutko, Sergej Ejzenštejn. Fotografia: Eduard Tissé. Scenografia: Vasilij Rachal’s. Musica: Edmund Meisel. Interpreti: Aleksandr Antonov (marinaio Vakulincuk), Vladimir Barskij (comandante Golikov), Grigorij Aleksandrov (ufficiale Giljarovskij), Aleksandr Levšin, Andrej Fajt, Marusov (ufficiali), Zavitok (medico di bordo Smirnov), Michail Gomorov (marinaio nel comizio), Ivan Bobrov (marinaio recluta).
Titolo originale Bronenosec Potëmkin. Durata 68 min. – URSS 1925.
⇰ giovedì 9 novembre ore 19:15
⇰ giovedì 9 novembre ore 21:15
È il film più famoso della storia del cinema e uno dei meno visti. Mai visto nella versione che qui proponiamo, restituito da un luminoso restauro allo splendore delle sue immagini. Un film che nella Russia del 1925 celebrava la rivolta dei marinai e della città di Odessa avvenuta nel 1905. Un film che “emergeva dal mare” con l’impeto creativo di un regista di ventisette anni, Sergej Ejzenštejn, destinato a portare la rivoluzione nel linguaggio cinematografico. La corazzata Potëmkin è un richiamo alla necessità della ribellione quando la giustizia e la dignità sono calpestate, un alto grido umanista in nome della fratellanza. Scrostato da decenni di polvere critica, sottratto al luogo comune dell’invettiva fantozziana, il capolavoro di Ejzenštejn può levare l’ancora verso le nuove generazioni. Perché questo è un film di una bellezza pazzesca!
Per la rassegna “I Classici Disney allo Snaporaz”, diamo IL RE LEONE, il 32º Classico Disney. È un film d’animazione musicale del 1994 diretto da Roger Allers e Rob Minkoff. La storia ha luogo in un regno di leoni in Africa, e fu influenzata dall’opera teatrale di William Shakespeare (Amleto). Il film venne prodotto durante il periodo noto come Rinascimento Disney.
Titolo originale The King Lion. Durata 89 min. USA 1994.
⇰ domenica 12 novembre ore 14:00
⇰ domenica 12 novembre ore 16:00
Simba è un cucciolo di leone che vive nella savana africana. Sentendosi accusato della morte del padre Mafusa lascia il suo branco per infliggersi un esilio volontario. Diventato adulto, torna dalla famiglia, pronto ad affrontare il malvagio Scar, il vero responsabile della morte del padre.
Diciassette anni fa in America e nel mondo usciva Il Re Leone, culmine del Rinascimento dell’animazione avviato con La Sirenetta. Era il 1994, l’anno che cambiò l’Italia con un voto e il mondo Disney con un ruggito. Pescando disinvolto dal Kimba di Osamu Tezuka e rimasticando a piacimento la storia del suo leone bianco orfano di un padre ucciso da cacciatori senza scrupoli, Il Re Leone rimpiazzò la presenza umana, che nei film precedenti si era fatta dominante e invasiva, ribadendo la propria vocazione all’antropomorfismo. Rimossi i soggetti antropocentrici, desunti quasi sempre dalle favole o dal mito, la Disney creò in quell’occasione un universo selvaggio e libero dominato dagli animali: creature animate e ordinate secondo una precisa gerarchia mutuata dagli uomini. Al centro di quel regno ‘incedeva’ un cucciolo di leone alla scoperta della vita e delle responsabilità da assumersi per diventare adulto e sovrano, ripristinando nella Savana l’etica del potere. Replicando il format ‘musical animato’ de La Sirenetta, Il Re Leone commentava l’ars animandi con le canzoni messianiche-ambientaliste di Elton John, interpretate in Italia da Ivana Spagna, e le melodie enfatiche di Hans Zimmer, confluite successivamente nel musical omonimo in due atti. (MyMovies)
“Non possiamo che parlare con i nostri dipinti” – Vincent van Gogh
Ma non è finita qui… Il 16 novembre presentiamo il primo lungometraggio interamente dipinto su tela che racconta le opere e la vita di Vincent van Gogh.
Scritto e diretto da Dorota Kobiela & Hugh Welchman, LOVING VINCENT è infatti il primo lungometraggio interamente dipinto su tela. Realizzato elaborando i quadri dipinti del pittore, il film è composto da migliaia di immagini create nello stile di Vincent van Gogh realizzate da un team di 125 artisti che hanno lavorato anni per arrivare a un risultato originale e di enorme impatto. Un lungometraggio poetico e seducente che mescola arte, tecnologia e pittura e si è aggiudicato il Premio del Pubblico all’ultimo Festival d’Annecy.
Titolo originale Loving Vincent. Durata 94 min. Regno Unito/Polonia 2017.
⇰ giovedì 16 novembre ore 19:15
⇰ giovedì 16 novembre ore 21:15
Definito come un martire, un satiro lussurioso, un folle, un genio e un fannullone, e spesso anche travisato e oscurato dal mito e dal tempo, il vero Vincent viene improvvisamente svelato dalle sue lettere. Ispirandosi al suo ultimo scritto, quello in cui annotava “Non possiamo che parlare con i nostri dipinti”, Loving Vincent ha scelto di partire dalle parole dell’artista, lasciando che fossero proprio i dipinti a raccontare la storia e l’opera del pittore olandese esposto nei più importanti musei del mondo, da Amsterdam a New York, da Londra a Mosca, da Parigi a Dallas.
La narrazione – che riporta in vita opere come Caffè di notte, Campo di grano con volo di corvi, Notte stellata, ma anche ritratti e autoritratti di van Gogh- si apre in Francia, nell’estate del 1891. Armand Roulin, un giovane inconcludente e privo di aspirazioni, riceve da suo padre, il postino Joseph Roulin, una lettera da consegnare a mano a Parigi. Il destinatario è Théo van Gogh, fratello del pittore che si è da poco tolto la vita. Armand non è per nulla felice della missione affidatagli: è imbarazzato dall’amicizia che legava suo padre e Vincent, un pittore straniero che si è tagliato l’orecchio ed è stato internato in un manicomio locale. Ma a Parigi non c’è alcuna traccia di Théo. La ricerca condurrà Armand da Père Tanguy, commerciante di colori, e quindi nel tranquillo villaggio di Auvers-sur-Oise, a un’ora da Parigi, dal medico che si occupò di Vincent nelle sue ultime settimane di vita, il Dottor Paul Gachet. Conosceremo così la locanda dei Ravoux, dove Vincent soggiornò per le ultime dieci settimane e dove il 29 luglio 1890 morì per un proiettile nell’addome. Qui Armand incontrerà anche la figlia del proprietario, Adeline Ravoux, la domestica e la figlia del dottore e -presso il fiume dove Vincent trascorse i suoi giorni- anche il Barcaiolo che lo conobbe. Un viaggio attraverso strazianti rivelazioni per capire e apprezzare l’appassionante vita e la straordinaria opera di Vincent van Gogh.