La leggenda di Romolo e Remo, pur lontanissima nel tempo, ha qualcosa di molto vicino a noi. È una materia solo apparentemente semplice, lineare, ma che racchiude in realtà un’enorme quantità di simboli e significati, che fondono l’origine della nostra civiltà con qualcosa di intimo e insieme complesso, ineffabile forse, ma che sicuramente guarda dentro tutti noi. Matteo Rovere
Ambientata nel 753 a.C., anno in cui, secondo il mito, Roma è stata fondata, la pellicola è una rivisitazione “emotiva e realistica” del mito di Romolo e Remo, interpretati rispettivamente da Alessio Lapice e Alessandro Borghi.
Diretto da Matteo Rovere e sceneggiato dallo stesso con Filippo Gravino e Francesca Manieri, Il primo Re racconta la storia di Romolo e Remo, due fratelli che, soli, in un mondo antico e ostile sfideranno il volere implacabile degli Dei finendo con il fondare Roma, il più grande impero che la Storia ricordi.
Con la bellissima fotografia di Daniele Ciprì, le scenografie di Tonino Zera, i costumi di Valentina Taviani e le musiche originali di Andrea Farri,
“La prima difficoltà è che questo mito fondativo (che si pensi a Livio, a Plutarco o a Ovidio) è una storia narrata molto tempo dopo”, racconta Rovere. “Un mito appunto, e l’etimologia di mito, mythos, significa in primo luogo racconto, non la storia dunque, ma un racconto costruito ex post, donatore di senso per chi lo ha elaborato. Con gli sceneggiatori abbiamo quindi approfondito questa narrazione così antica, tentando di interrogarla, cercando gli elementi maggiormente ricorrenti: due fratelli gemelli, Albalonga, un tradimento, un cerchio sacro, un segno degli dei. Abbiamo studiato il racconto leggendario e il contesto, facendoci conquistare dallo strapotere della natura sulle esistenze umane: trenta o più tribù separate nel basso Lazio, e l’effetto dirompente di un uomo che porta una visione in grado di unificarle; una città che custodisce il fuoco, e il fuoco che incarna Dio. Così facendo il mito ha iniziato a muoversi sotto i nostri occhi, a interrogare dalla sua matrice più arcaica un nodo dell’Occidente, il nostro rapporto con il silenzio violento, inquietante, inquisitore di Dio. Siamo noi in grado, da soli, di reggere il peso delle nostre esistenze? Questo racconto apparentemente semplice ci ha ricondotto a un dilemma primario, viscerale: cosa prediligere nella vita, la sopravvivenza del nostro gemello, ovvero della parte più intima di noi, o la sottomissione a un potere più grande, poiché non tutto ci è dato di sapere? Le nostre vite ci appartengono fino in fondo? È amore o hybris quella che ci fa pensare di poter essere noi gli artifici del nostro destino? Abbiamo iniziato a far rimbalzare gli elementi l’uno sull’altro perché la storia interrogasse il mito e il mito tornasse a svelarci la sua potenza primordiale, parlasse all’oggi, ci raccontasse la radice oscura e dolorosa di un atto così potente come la fondazione del più grande impero di sempre. Due gemelli, dunque, l’uomo e il suo doppio. Il fuoco sacro che unisce, ma chiede sacrificio. L’uomo e Dio. Il vaticinio, e quello che ne deriva: sottomissione al destino o libero arbitrio? Romolo ha la capacità di compiere un atto empio, rubare il fuoco, ma un atto che allo stesso tempo riesce a far muovere il Dio dalla sua inesorabile immobilità, portandolo nel mondo, è un atto folle che sposta il potere dalla violenza alla persuasione. Perché tutto questo si rivelasse con la più grande potenza emotiva, è stato necessario che la narrazione ruotasse su se stessa e assumesse un punto di vista nuovo, quello che più mi interessava, quello dello sconfitto, di Remo, di colui che ama suo fratello più di ogni cosa. Remo è colui che reca il dilemma eterno: è più divino chi si ribella al Dio per difendere l’amore, o il Dio che quell’amore chiede di sacrificarlo?”.
Titolo originale Il Primo Re. Durata 127 min. Italia 2019.
⇰ venerdì 8 febbraio ore 19:00 e 21:15 (7/5€)
⇰ sabato 9 febbraio ore 19:00 e 21:15 (7/5€)
⇰ domenica 10 febbraio ore 19:00 e 21:15 (7/5€)
⇰ lunedì 11 febbraio ore 19:00 e 21:15 (4€)
Due fratelli, soli, nell’uno la forza dell’altro, in un mondo antico e ostile sfideranno il volere implacabile degli Dei. Dal loro sangue nascerà una città, Roma, il più grande impero che la Storia ricordi. Un legame fortissimo, destinato a diventare leggenda.
Perché pescare avventure straordinarie quando ciò che passa sotto i nostri occhi e che succede ai più sprovveduti di noi è così pieno di una reale angoscia? Vittorio De Sica
Da divo brillante della commedia anni Trenta, De Sica si trasforma in maestro del cinema, tra i massimi protagonisti del neorealismo italiano. Ladri di biciclette è uno dei capolavori realizzati in coppia con Zavattini. Il quadro di miseria dell’Italia del dopoguerra è condensato magistralmente nella storia di un attacchino cui viene rubata la bicicletta, unico mezzo di sostentamento per sé e la famiglia. André Bazin lo definì “il centro ideale attorno al quale orbitano le opere degli altri grandi registi del neorealismo”. Oscar per il miglior film straniero.
Restaurato nel 2018 da Cineteca di Bologna, Compass Film e Istituto Luce Cinecittà in collaborazione con Arthur Cohn, Euro Immobilfin e Artédis presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata.
Titolo originale Ladri di Biciclette. Durata 88 min. Italia 1948.
⇰ giovedì 7 febbraio ore 19:00 e 21:15 (5/4€)
Un operaio disoccupato trova un posto d’attacchino municipale, ma ci vuole la bicicletta. L’operaio ne possiede una ma è al monte di pietà. Niente paura: la moglie impegna le lenzuola e riscatta la bicicletta. L’attacchino incomincia il suo lavoro, ma dopo meno di un’ora, un ragazzaccio gli ruba questa preziosa bicicletta. Tenta d’inseguirlo ma è inutile. L’uomo ritorna a casa in preda alla disperazione. Denuncia il furto al Commissariato, ma non gli danno nessuna speranza. Nessuno prende interesse al suo caso all’infuori di un amico spazzino. L’attacchino si aggira tra i rivenditori di biciclette: non trova la sua, ma intravede il ladro e si dà ad inseguirlo, accompagnato dal figliolo, un bimbo di sei anni. L’inseguimento gli fa attraversare tutta Roma in un giorno di domenica: vediamo così la “messa del povero”, una trattoria, una casa equivoca, infine il domicilio del ladruncolo. L’attacchino trova dovunque indifferenza od ostilità. Infine, esasperato, pensa di rivalersi, rubando una bicicletta incustodita, ma lo fa così goffamente che viene subito preso e solo i pianti del bambino lo salvano dall’arresto. Padre e figlio tornano a casa, esausti, disperati, piangenti.
Per gli innamorati e non, il 14 febbraio abbiamo il film che fa al caso vostro: SUSPIRIA.
Risale al 2008 l’acquisto da parte di Luca Guadagnino dei diritti per realizzare un remake del Suspiria realizzato da Dario Argento nel 1977 (e da lui stesso sceneggiato assieme a Daria Nicolodi).
Inizialmente, il regista italiano avrebbe voluto limitarsi a produrre, e infatti incaricò il collega statunitense David Gordon Green di occuparsi della regia. Il progetto, però, incontrò difficoltà di finanziamento, Green decise di dedicarsi ad altri progetti (successivamente ha realizzato il nuovo Halloween) e Guadagnino, terminato A Bigger Splash, e forte del successo internazionale di quel film, decise di prendere la situazione in mano e dirigerlo in prima persona, commissionando un nuovo copione a David Kajganich, che era stato lo sceneggiatore con cui aveva lavorato in A Bigger Splash.
Per Guadagnino questo film non era un remake in senso tradizionale, ma – come aveva dichiarato in un’intervista rilasciata al Guardian – come “un omaggio alla incredibile, potente emozione provata” quando lo vide per la prima volta, a 14 anni.
Difficile infatti considerare il Suspiria di Guadagnino come un horror tradizionale, e innumerevoli sono le differenze stilistiche e tematiche tra il suo film e quello di Dario Argento: a partire dalla durata, che è di 152 minuti a fronte dei 92 dell’originale, passando poi per la fotografia (qui desaturata e invernale, tutta giocata sull’assenza di colori primari che, invece, erano la caratteristica principale del lavoro svolto da Luciano Tovoli per Argento), le musiche (commissionate a Thom Yorke, che si è tenuto lontanissimo dal lavoro dei Goblin e di Simonetti, ispirandosi invece al krautrock degli anni Settanta) e la trama stessa (con i riferimenti alla situazione politica e al terrorismo della Germania di quegli anni, assenti nel film di Argento).
David Gordon Green, prima di abbandonare il progetto, aveva pensato a Isabelle Huppert, Janet McTeer e Isabelle Fuhrman come interpreti principali del suo film, e a Michael Nyqvist e Antje Traue per alcuni ruoli secondari; Guadagnino, inizialmente, avrebbe voluto coinvolgere nel film il cast al completo di A Bigger Splash, ma tra gli attori di quel film, nel suo Suspiria, sono tornate sono Tilda Swinton e Dakota Johnson.
Per prepararsi al ruolo di Suzie Bennett, Johnson ha studiato danza per due anni, e le riprese sono state per lei così impegnative, dal punto di vista psicologico, dal sentire il bisogno di entrare in terapia dopo aver concluso la lavorazione.
Tilda Swinton, che ha collaborato con Guadagnino in quasi tutti i suoi film, interpreta qui ben tre ruoli: quello di Madame Blanc, di Helena Markos e del Dr. Josef Klemperer. Per quest’ultimo è accreditata con lo pseudonimo di Lutz Ebersdorf, il cui cognome è una sorta di traduzione allitterativa e approssimativa di Swinton.
Titolo originale Suspiria. Durata 152 min. USA, Italia 2018.
⇰ giovedì 14 febbraio ore 18:30 in italiano
⇰ giovedì 14 febbraio ore 21:15 in lingua inglese con sottotitoli italiani
La giovane ballerina americana Susie Bannion negli anni 70 arriva a Berlino per un’audizione presso la Compagnia di Danza Helena Markos, rinomata a livello mondiale e, con il suo talento puro, sorprende la famosa coreografa della compagnia, Madame Blanc. Susie riesce ad ottenere immediatamente il ruolo da prima ballerina, scavalcando Olga, prima ballerina fino ad allora. Olga ha un crollo di nervi e accusa le direttrici della compagnia di essere delle streghe. In vista dell’esibizione e con l’intensificarsi delle prove, Susie e Madame Blanc entrano sempre più in confidenza. Sembra che l’obiettivo di Susie all’interno della compagnia vada oltre la passione per la danza. Nel frattempo, appare la figura di uno psicoterapeuta che cerca di svelare i segreti più oscuri della compagnia e per fare questo si avvale dell’aiuto di un’altra ballerina, che esplorerà i meandri delle camere sotterranee della compagnia, dove l’attendono atroci scoperte.
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